mercoledì 1 dicembre 2010

Il solito pollaio, che Monicelli non merita.

Nel post dedicato a Mario Monicelli, ho scritto di essere rimasto colpito dalla modalità della morte del regista (non sapevo che si era buttato dalla finestra), ma che non avrei commentato in alcun modo.
Resto di quell'idea, ma resto altrettanto sconvolto a leggere gli articoli dedicati al ricordo che del famoso regista si è fatto in Parlamento.
Veltroni e Fini hanno parlato della vita di Monicelli, ricordando le opere e quanto ha fatto per il nostro Paese, e poi, via alle danze.
Da una parte, qualcuno ha approfittato per parlare di eutanasia, e dall'altra, accuse e contro dichiarazioni.
Alla fine, il solito pastrocchio di dichiarazioni di politici, che fanno a gara a mettersi davanti ad un taccuino, o meglio ancora di una telecamera, per far sapere agli italiani come la si pensa su questo o quello.
A me questo modo di procedere fa schifo, non lo nascondo.
E' chiaro che il gesto di Monicelli è "impegnativo", dal punto di vista morale, ma per affannarsi ad accusarsi, a insultarsi e a dichiarare di qua e di là, potevano almeno aspettare che lo seppellissero.
In Italia vige la regola, lo abbiamo visto recentemente anche troppo bene, del "contraddittorio".
Se uno dice una cosa, ci deve essere uno di fianco che dice il contrario, altrimenti non va bene.
L'obiettivo, ed è chiarissimo, è che non si capisca nulla, o almeno il meno possibile.
Qui però c'è in gioco anche la decenza. Da un Parlamento che è apertamente contestato, anche con una certa violenza, su argomenti molto importanti (crisi economica, riforma della scuola e altro), e che si sta dividendo su tutto, trascinando il Paese verso una crisi senza precedenti, ci si aspetterebbe che in presenza della morte di un italiano importante, che fosse simpatico o meno a tutti poco importa, mantenesse un certo distacco, ricordandone la figura ed evitando figure barbine.
Ma a questi cialtroni, evidentemente, è chiedere troppo. Forse è proprio per questo che Mario Monicelli ha fatto quello che ha fatto.


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