sabato 4 dicembre 2010

La caduta dei giganti


Ho appena finito di leggere "La caduta dei giganti", l'ultima fatica di Ken Follett.

Ammetto che lo scrittore gallese mi piace, e tanto. Secondo me, Pilastri della terra e il successivo Mondo senza fine sono dei capolavori, e devo ammettere che la strasposizione televisiva del primo, recentemente trasmessa da Sky mi ha soddisfatto appieno.
La caduta dei giganti è il primo romanzo di una trilogia, che dovrebbe affrontare il Novecento, secondo le anticipazioni.
E' ambientato fra il 1911 ed il 1924, ed in pratica è la storia di cinque famiglie che si intrecciano fra loro, e con la Storia vera e riconosciuta di quel periodo. E quindi abbiamo personaggi storici che interagiscono con personaggi inventati, in maniera, sottolinea l'Autore, assolutamente logica e possibile.
Gli eventi sono quelli di quegli anni: l'assassinio dell'Arciduca Francesco Ferdinando a Sarajevo, che di fatto dà il via alla Prima Guerra Mondiale; tutti gli equilibrismi e gli illogici rapporti politici prebellici; la Rivoluzione Russa, attraverso la Domenica di Sangue, rivissuta da un protagonista bambino all'epoca (è del 1905), i moti di marzo 1917 a Pietrogrado, e poi la Rivoluzione d'Ottobre; la fine della Grande Guerra, la pace seguente, e l'inizio degli sconvolgimenti che porteranno alle dittature pre Seconda Guerra Mondiale; la creazione in embrione della Società delle Nazioni.
I personaggi fanno parte, come detto, di cinque famiglie: quella gallese, di minatori e di gente semplice e schietta, mandata a combattere prima sul posto di lavoro per aumentare la sicurezza nelle miniere, e poi nelle trincee in Francia ed in Russia; quella inglese, con il signorotto conservatore e la sorella suffragetta che sostiene il voto alle donne; quella tedesca, che assiste all'entrata in guerra della Germania, alle speranze di vittoria e alla disfatta finale; quella russa, attraverso due fratelli che vivranno situazioni diverse, uno emigrando in America, e l'altro che vivrà tutta la fase delle Rivoluzioni bolsceviche; quella americana, con la guerra vista dall'altra parte dell'oceano, le speranze di pace globale ed i tentativi per arrivarci.
I personaggi storici che appaiono sono diversi, tratteggiati magistralmente da Follett: il 28° Presidente degli Stati Uniti, Woodrow Wilson, Re Giorgio V d'Inghilterra, l'onorevole Winston Churchill, il generale francese Joffre comandante in capo dell'esercito, il generale di divisione tedesco Erich Ludendorff, il capo del Partito Bolscevico Vladimir Lenin, il Cancelliere dello Scacchiere David Lloyd George.
E' anche l'occasione, secondo me, per ripassare un po' di Storia, materia che mi è sempre piaciuta molto, ma che a mio avviso bisogna saper insegnare, e non è facile.
Ho avuto la fortuna, alle superiori, di avere un insegnante di Storia che la sapeva insegnare molto bene, e quindi mi ha appassionato.
La Storia secondo me va insegnata cercando di capire il perchè sono successe certe cose, mentre il quando è una logica conseguenza. Traduco: non è fondamentale sapere a memoria le date rispetto alle quali sono avvenuti gli avvenimenti, ma cercare di capire il quadro logico attraverso i quali gli avvenimenti si sono svolti.
Capito il perchè è automatico ricordare il quando.
Il libro di Follett, che è e rimane un romanzo, si inserisce bene in un contesto storico molto interessante, denso di cambiamenti e di sconvolgimenti, anche drammatici che hanno segnato l'inizio del Novecento, ma dei quali vediamo ancora le conseguenze.
Superare quel periodo storico con noia e con scarso interesse vuol dire non capire appieno quello che è successo dopo, e dopo ancora, perchè quel "dopo" è la Storia contemporanea ed attuale.
Studiare con profitto ed interesse la Storia (e saperla insegnare con passione) porterebbe forse al giorno d'oggi a sentire meno castronerie e impedirebbe a qualcuno di riempirsi la bocca con citazioni e considerazioni del tutto fuori luogo.

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