lunedì 2 maggio 2011

Festeggiare?

E così, sono passati sia il 25 aprile che il 1 maggio, con il consueto carico di polemiche, distinguo, appunti, rivendicazioni e vendette.

Da parte mia, il 1 maggio l'ho passato in campo, visto che la sera prima a San Marino il tempo ha pensato bene di rimembrare i tempi dell'Arca di Noè, e ha rovesciato sul povero diamante di Verucchio un bel po' d'acqua, costringendoci a recuperare domenica, quando Giove Pluvio si è concesso un po' di riposo (che diamine, era la Festa del Lavoro!) e ci ha lasciato giocare.
La mia povera schiena non ha gradito tutta l'acqua che si è presa, ma vabbè...è un problema di anagrafe...

Ricomincia la settimana, e ci arriva la notizia della morte (assassinio? esecuzione? volontà divina?) di Osama Bin Laden. Non riesco a festeggiare la morte di un essere umano, ma di una cosa sono sicuro: senza di lui, il mondo è un posto migliore. I metodi USA sono sicuramente discutibili (incursione in un Paese straniero, nessuna condivisione di notizie, metodi spicci e sbrigativi), ma non si può contestare la coerenza. Obama e la CIA l'avevano detto: se avremo l'occasione colpiremo, e così hanno fatto. Sapete, all'estero quando i politici o gli occupanti cariche istituzionali dicono una cosa, è abitudine poi mantenerla, cosa alla quale in Italia non siamo più abituati.

In molti ora si aspettano una reazione violenta da parte dei terroristi estremisti di Al Qaeda. Spero si sbaglino, ma effettivamente, i pericoli ci sono tutti. L'unica speranza concreta è che le intelligences dei Paesi alleati funzionino a dovere, e riescano a sventare gli eventuali preparativi prima che si concretizzino.

Leggo molti amici americani su Facebook che festeggiano la notizia della morte del nemico pubblico numero uno con gioia ed esultanza. Li capisco, sono stati attaccati con violenza sul loro territorio, ed è una cosa che non dimenticano. Ma ripeto che festeggiare la morte di un uomo è sempre deprecabile. Avrei capito maggiormente dedicare la giornata al ricordo dei caduti negli attentati dell'11 settembre, parlando e pensando a loro, più che ad un cadavere che non si sa dov'è finito. Ripeto però che non piango neppure il terrorista morto. Ha scelto una vita di guerriglia e di violenza, ed è morto con violenza: è una scelta sua, ha causato tanto dolore e adesso l'ha subito. La ruota gira.

Comunque la pensiate, a me non mancherà.

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