Ho letto con interesse due articoli sull'ultimo numero di Internazionale che mi hanno fatto riflettere sulla diversità del vedere le cose fra le diverse parti del mondo.
Si parla dell'operazione che ha portato alla morte di Osama bin Laden. Il primo articolo è di Tariq Ramadan, 49enne professore di studi islamici all'Università di Oxford. L'articolo è apparso sul Guardian, quotidiano inglese, e in italiano viene titolato Un Evento di poco conto, o The Uninportance of bin Laden, nella versione originale.
Ramadan sostiene che l'impatto della notizia nel mondo islamico e nel mondo occidentale ha avuto impatti completamente diversi, con grande attività frenetica dei mezzi di informazione a occidente, e in modo molto più sfumato e contenuto nel mondo islamico.
Il professore di Oxford dice che la retorica dei gruppi estremisti islamici ha avuto ben poco terreno fertile nell'universo musulmano, restando ad un ruolo assolutamente secondario e di sfondo. Il terrorismo ha fatto più vittime musulmane che europee o americane, ed è una affermazione difficile da contestare, se si pensa agli attentati di Bali, di Amman, in Marocco, in Iraq, Pakistan e Afghanistan.
Una domanda interessante che si pone Ramadan è: come è possibile che bin Laden si sia nascosto in un posto vicino Islamabad per cinque anni, senza che nessuno se ne accorgesse?
I rapporti fra Occidente e Islam devono sicuramente cambiare, vista sia la morte di Osama che soprattutto il diffuso movimento per la giustizia , la libertà, la democrazia che sta prendendo piede nel Nord Africa e nel Medio Oriente. Senza questo, aggiungo io, si sarà persa una occasione forse irripetibile.
Ramadan dice con convinzione che le sirene della violenza e dell'estremismo non hanno mai sedotto la maggioranza dei popoli musulmani, e che questo momento è fondamentale per il futuro di quei popoli, che però non può essere guidato dalla presenza ingombrante degli eserciti occidentali in Afghanistan e in Iraq.
"La morte di bin Laden è in primo luogo un evento statunitense", dice Tariq Ramadan, e questa frase mi conduce al secondo articolo, più tagliente, di Noam Chomsky.
Noam Chomsky è un filosofo, da molti considerato un'icona dell'anarchia e del socialismo libertario.
Nel suo articolo My Reaction to Osama bin Laden death, apparso su Guernica, un bisettimanale americano che esplora le strade intersecanti fra arte e politica, come si autodefinisce, Chomsky è categorico: si è trattato di un omicidio politico.
Non c'è stato alcun tentativo di arrestare la vittima (cosa che ha notato anche Ramadan nel suo articolo), e questa era pure disarmata.
Un una società che si definisce democratica, le persone sospettate di aver commesso un crimine vengono arrestate, e sottoposte a processo. Trovate colpevoli, vengono punite.
Chomsky si chiede: come mai Washington è furiosa col Pakistan perchè non è stato consegnato a loro bin Laden, ed il Pakistan non dovrebbe arrabbiarsi perchè sono stati violati i suoi confini con una azione militare non annunciata e non concordata?
Il sospetto che al mondo ci siano due pesi e due misure per i "buoni" e per i "cattivi" mi è sempre ronzato per la mente: perchè l'energia nucleare in mano al Pakistan, alla Cina o alla Francia è "OK", mentre in mano all'Iran è un "pericolo mondiale"? Perchè l'Iran sono "cattivi"... Ma chi l'ha deciso? Vabbè...torniamo a Chomsky.
Il filosofo fa una ipotesi che non fa una grinza: come avrebbe reagito l'opinione pubblica mondiale e i governi occidentali se un commando iracheno avesse fatto una operazione coperta militare, piombando nel comprensorio in Texas dove vive George W. Bush, lo avesse ucciso, e avesse disperso il corpo in mare?
Dopo tutto, provoca Chomsky, Bush è sicuramente colpevole di aver provocato milioni di morti, con la sua decisione di invadere l'Iraq, mentre bin Laden era solo sospettato dei suoi delitti.
Domande difficili, ma la provocazione di Chomsky non può essere lasciata cadere senza far riflettere.
Chi decide cosa è bene e cosa è male di quello che succede nel mondo? Perchè il nostro modo di vivere e le nostre convinzioni devono per forza essere quelle vincenti e uniche, mentre sono sempre gli altri che devono cambiare? Non potremmo ognuno vivere secondo le proprie convinzioni, senza dar fastidio agli altri?
Io, di gran risposte non ne ho. Mi limito a leggere, e a riflettere.
E qualche volta, scrivo.
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