Il 27 gennaio di ogni anno è la Giornata della Memoria, nella quale si ricorda l'Olocausto. Il 27 gennaio del 1945 infatti l'Armata Rossa sovietica entrava nel campo di Auschwitz.
Per l'occasione, vorrei rispolverare le foto che feci proprio ad Auschwitz-Birkenau, cinque anni fa, nel corso del viaggio che abbiamo fatto con la famiglia in Polonia.
Arrivammo ad Oswiecim, questo è il nome in polacco della cittadina tristemente famosa al mondo come Auschwitz (nome tedesco), e abbiamo avuto i nostri bei problemi per trovare il campo. Infatti, esso non è molto segnalato, visto che i polacchi non è che vadano proprio fieri che il loro paese sia famoso al mondo per aver ospitato il campo di sterminio nazista più famoso...
La cosa curiosa è che Auschwitz non è un brutto posto. Mi spiego: siamo andati là un pomeriggio di sole di agosto, la giornata era splendida. Tanto verde circonda una zona, nella quale si alza il filo spinato. Ecco il campo.
La sensazione è di vedere una specie di ospedale. Tante casette con i mattoni faccia a vista, con viali alberati e strade in ciottolato. Non sembra brutto, a vederlo.
Poi vai dentro, e attraversi il Museo. Lì cominci a vedere delle foto, e ti spiegano in tutte le lingue. Ti viene assegnata una guida, se vuoi. L'ingresso è ad offerta. Dentro, ti spiegano che ti devi comportare come in un cimitero: voce bassa, niente schiamazzi. Le foto sono libere.
Sarà per "Schindler's List", o non so perchè, mi venne l'idea di fare foto in bianco e nero.
E così, fuori dal museo, vidi la famosa scritta.
ARBEIT MACHT FREI, il lavoro rende liberi. Una macabra presa in giro.
Si è travolti, una volta dentro, dai fili spinati. Sono ovunque. Ti immagini cosa succedeva, lì, dove adesso passeggi tranquillamente.
I fili spinati erano elettrificati, e tanti prigionieri si sono gettati appositamente contro le recinzioni per farla finita, per non dovere più correre agli appelli, o subire angherie.
Si arriva alla piazza dell'appello. Lì era dove alla mattina presto e alla sera tardi i prigionieri venivano contati, e ricontati e contati ancora.
Dovevano stare là, per ore, magari al freddo polacco invernale, fermi immobili, in attesa di chissà cosa.
Chi cadeva, aveva semplicemente finito di vivere.
Eppure, a vederla così, continua a dare l'impressione di un posto anche piacevole. Ma i fantasmi, cominci a sentirli.
Alcuni Block sono visitabili. Li chiamavano così i nazisti. Erano le camerate, che qui ad Auschwitz erano in muratura, mentre a Birkenau erano in legno.
Piazza dell'appello |
Auschwitz è il campo 1, il primo. Qui lavorava il dottor Mengele, qui faceva i suoi deliranti esperimenti. Più avanti nella guerra, secondo un semplice ragionamento aziendalista, i nazisti per aumentare la produzione, hanno fatto investimenti, e si sono allargati, costruendo Birkenau, il campo 2. Successivamente, faranno anche Birkenau 3 (Monowitz, famoso per Primo Levi), un altro campo, quando il delirio della Soluzione Finale arriverà all'estremo.
Nei Block ci sono delle esposizioni. Documenti, fotografie, prove. Le prove che qualche idiota rifiuta ancora oggi, dicendo che tutto questo è una montatura.
In un Block ci sono le valigie (segnate con i nomi, visto che ai prigionieri veniva detto di segnarle, che poi sarebbero state restituite), occhiali, scarpe, materiali vari da bagno, e capelli. Una montagna enorme di capelli.
I prigionieri venivano completamente rasati, ed i capelli venivano conservati. Potevano venir buoni per costruirci qualcosa. Non è stato buttato via nulla. E tutto veniva catalogato. Ci sono anche i documenti di carico e scarico del gas ZyklonB, che con teutonica precisione annotavano.
Liste, liste, enormi liste di nomi. Tutti i prigionieri, almeno all'inizio, venivano catalogati. Nomi, cognomi e provenienza. Allucinante.
Ad Auschwitz ci sono ancora le camere a gas ed i forni crematori. Ce n'erano due, e i tedeschi in fuga non hanno fatto in tempo a distruggerli, come hanno fatto a Birkenau.
Entrare in una camera a gas è un'esperienza che ti fa star male.
C'è questa porta, stranamente grossa. Entri, e c'è buio. Adesso, c'è un altarino, in mezzo allo stanzone. Ci sono dei lumini accesi, in memoria di chi lì dentro c'è morto, e sono tanti.
Lo stanzone è lungo, e stretto. Chissà in quanti entravano qui dentro. Quando siamo andati noi, c'erano sì e no, venti o trenta turisti, spauriti e silenziosi.
Loro, gli ebrei, erano tanti di più. E guardavano in alto, verso i tubi delle docce. Gli veniva detto che andavano a fare la doccia. Invece, li gasavano.
Poi, alcuni prigionieri erano addetti allo spostamento dei cadaveri ai forni, che erano proprio a fianco.
L'immagine è quella di un forno vero e proprio, come quelli per fare il pane o la pizza. Solo che lì ci hanno bruciato la gente.
Il fumo usciva dai comignoli, che sinistri si alzano ancora oggi al cielo.
Le ceneri invece venivano gettate nello stagno, dove oggi crescono alberi enormi.
Lì, chi è credente di una qualsiasi religione, può fermarsi in preghiera. Quegli alberi, sono un po' come una testimonianza dei defunti, che vivono in quei rami ed in quelle foglie.
Dopo Auschwitz, un pulmino ti porta a Birkenau, che dista un paio di chilometri.
Se Auschwitz abbiamo detto che alla fine sembra anche un posto decente, adesso, Birkenau è sinistro e malvagio.
A Birkenau l'efficienza tedesca nell'uccidere ha raggiunto picchi incredibili.
I binari arrivano fin dentro il campo. I prigionieri scendevano, e venivano subito selezionati. Alcuni non hanno mai neanche visto le baracche. Scendevano dai treni, segnavano le valigie, ed ordinatamente sfilavano verso le camere a gas ed i forni.
Di baracche, a Birkenau, ce ne sono poche in piedi. Ci sono però enormi file di comignoli. Infatti le baracche erano di legno, ma i comignoli di pietra, e quelli sono rimasti in piedi.
Birkenau è enorme. Fa impressione. Le file di comignoli sono lunghissime. Qui dentro c'è passata tantissima gente, e pochissima è sopravvissuta.
Qualche baracca è in piedi, e si può visitare.
L'atmosfera qui è pesante. Se ad Auschwitz a regola i fantasmi li intuivi, qui li soffri. A Birkenau se non stai male, vuol dire che non sei un uomo.
Le baracche fanno schifo ancora oggi, che sono pulite, vuote e ordinate. Figurarsi quando erano sporche, puzzolenti, piene di topi e di cadaveri ambulanti.
Ci spiegano che i prigionieri più forti stavano in alto, dove non erano disturbati dai topi. Man mano che scendevi di posto, ti avvicinavi alla morte.
Chi dormiva a livello terreno, era condannato. Perchè se non lavoravi, o se non scattavi a qualsiasi ordine, venivi giustiziato. E se ti ammalavi, era la fine.
Se dormivi in basso, ti ammalavi sicuro, perchè l'umidità ed i topi ti condannavano.
Le camere a gas a Birkenau non ci sono più, sono state distrutte dai nazisti in fuga, per evitare che si raccontasse cosa era successo lì.
Ed invece lo sappiamo, cosa è successo ad Auschwitz ed a Birkenau. Lo sappiamo perchè i sopravvissuti ce lo hanno raccontato, e noi abbiamo il dovere di non dimenticare quello che hanno passato, e raccontarlo a chi verrà dopo di noi.
Perchè una cosa del genere non possa più succedere, da qualsiasi parte venga.
In un altro viaggio, l'anno scorso, ho visitato un palazzo a Phnom Pehn, dove gli scagnozzi di Pol Pot torturavano a morte gli oppositori. Stessi campi di sterminio, per ideologie diverse, ma tragicamente uguali.
Il 27 gennaio di ogni anno è la Giornata della Memoria. Dovere chi chiunque sia dotato di un minimo di senso civico è quello di rendere omaggio ai caduti, e di ricordare.
Spero, nel mio piccolo, di avere adempiuto a questo dovere, con questo piccolo ricordo.